Cosa sono gli Etf: la guida completa agli Exchange Traded Funds - MilanoFinanza News (2024)

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Per capire cosa sono gli Etf e quali sono le strategie migliori da adottare per investire in questi fondi, ecco novedomande e risposte che faranno chiarezza sugli Exchange Traded Fund, la differenza tra gli Etf azionari e obbligazionari, gli indici e altri concetti chiave.

Indice

  1. Cosa si intende per Etf?
  2. Come funziona un Etf e cosa si intende con sottostante e tracking error?
  3. Che cosa rappresenta un indice?
  4. Che tipo di investimenti si effettua attraverso un Etf azionario?
  5. Che tipo di investimento si effettua attraverso un Etf obbligazionario?
  6. Quali sono le principali caratteristiche degli Etf obbligazionari?
  7. Quali solo le caratteristiche di una gestione passiva?
  8. Cosa si intende per TER di un Etf?
  9. Cosa si intende per Etf attivi?

1. Cosa si intende per Etf?

Il termine Etf è l’acronimo di Exchange Traded Fund e identifica i fondi d’investimento di tipo indicizzato che possono essere negoziati in Borsa, in continua e quindi in tempo reale, al pari di azioni e obbligazioni. Un Etf è sostanzialmente un fondo che replica passivamente, nella maggior parte dei casi, un indice di riferimento definito espressamente nel relativo prospetto informativo che ne regola il funzionamento, con il vantaggio aggiuntivo della negoziabilità intraday.

I principali vantaggi associati agli Etf risiedono nel bassissimo costo di gestione, nella possibilità di negoziazione intraday a prezzi trasparenti, nella facilità di inserimento in portafoglio (a differenza dei fondi comuni che necessitano di accordi distribuzione con il proprio intermediario e investimenti minimi più elevati), nella trasparenza in merito a cosa c’è in portafoglio e nella grande diversificazione (controllo del rischio) rispetto a scelte più mirate su singole azioni e obbligazioni.

Il primo Etf nella storia è stato lanciato nel 1993 da State Street sul mercato statunitense Amex: si trattava di un Etf indicizzato all’indice S&P500 (azionario Usa). In Europa, invece, i primi prodotti sono arrivati a inizio 2000, inizialmente quotati sulle piazze di Francoforte e Londra giungendo nel settembre 2002 anche in Italia.

Oggi sono disponibili sul mercato (in Italia il mercato EtfPlus) centinaia di Etf, offrendo la possibilità di investire su indici di borsa (anche dei mercati emergenti), sulle principali aree geografiche mondiali, su interi settori azionari, su indici obbligazionari (segmentati per Paese o per aree geografiche, compresi i mercati emergenti, e per fasce di scadenza delle obbligazioni), sulle materie prime e sui metalli preziosi.

  • Leggi anche: Investire in Etf: guida completa alla negoziazione sull’ETFplus

2. Come funziona un Etf e cosa si intende con sottostante e tracking error?

Gli Etf permettono di effettuare scelte di investimento diversificate, replicando un indice che di per sé offre minor rischio rispetto a scelte molto più concentrate. Un Etf che replica l’indice S&P500, per esempio, consente all’acquirente di investire con un solo click sulle 500 azioni che compongono l’indice azionario più importante al mondo, anche per importi molto contenuti.

L’obiettivo degli Etf è restituire all’investitore, nel modo più fedele possibile, il rendimento dell’indice da replicare (comprensivo di cedole e dividendi dei titoli che lo compongono), sia durante le fasi rialziste che in quelle ribassiste dei mercati: non c’è alcun obiettivo di sovraperformance rispetto all’indice di riferimento, come invece avviene spesso per i fondi comuni, e per questo vengono definiti fondi passivi o “replicanti”.

Il sottostante di un Etf identifica in modo esplicito l’indice (o “benchmark”) che l’Etf è chiamato a replicare, sulla base del relativo prospetto informativo. La replica deve essere il più fedele possibile, minimizzando il cosiddetto tracking error: quest’ultimo rappresenta lo scarto tra la performance dell’Etf rispetto al suo benchmark. Quanto più contenuto è il tracking error, tanto più la gestione dell’Etf può essere definita efficiente. Tipicamente, il tracking error è basso nel caso di indici sottostanti liquidi e facilmente replicabili, mentre un tracking error elevato comporta un costo implicito più elevato per i possessori, aggiungendosi ad altre voci di costo più esplicite.

Esempio: se un Etf che ha l’obiettivo di replicare i rendimenti del Ftse-Mib esprimesse in un anno un rendimento complessivo del 18% a fronte di un rendimento dell’indice sottostante pari al 20%, quell’Etf sarebbe considerato inefficiente; anche perché i costi di gestione degli Etf sono oggi bassissimi, nell’ordine dello 0,1%-0,2% annuo per i prodotti con i sottostanti più semplici da replicare.

Gli Etf indicizzati o passivi rappresentano la grande maggioranza, ma negli ultimi anni si stanno affacciando anche Etf a gestione attiva, una via di mezzo tra il classico Etf che replica un indice e un fondo gestito che mira a battere il benchmark. In tali casi non è previsto un indice da replicare e la capacità del gestore può fare la differenza rispetto ad un Etf passivo.

  • Leggi anche: Etf: rischi e considerazioni sugli investimenti

3. Che cosa rappresenta un indice?

Un indice di mercato è un indicatore che rappresenta sinteticamente le variazioni di valore, nel tempo, di un insieme di determinati strumenti finanziari (es. azioni, oppure obbligazioni o altro ancora) o di un intero mercato di riferimento (es. tutto il listino azionario italiano).

Il valore di un indice è dato dalla media ponderata dei prezzi degli strumenti (titoli) che lo compongono in via rappresentativa e ogni variazione percentuale dell’indice è data dalla media ponderata delle variazioni percentuali dei prezzi degli strumenti che lo compongono: questi titoli sono chiamati “componenti” (dell’indice), o “constituents”, e i metodi con cui vengono attribuiti i pesi ai singoli componenti sono numerosi. Il soggetto che si occupa del calcolo dell'indice stabilisce i requisiti minimi che un titolo deve avere per poter essere incluso nell'indice e l’eventuale perdita nel tempo di tali requisiti comporterà la fuoriuscita di tale elemento dall'indice stesso, a partire da una certa data, sulla base di regole predefinite e oggettive: un titolo azionario potrebbe uscire da un indice perché, per esempio, la sua capitalizzazione borsistica, cioè la quotazione corrente moltiplicata per il numero di azioni in circolazione, scende al di sotto di un parametro minimo prefissato.

Esempio: l’indice è rappresentativo delle 500 azioni più capitalizzate di Wall Street, mentre l’indice Bloomberg Barclays Global Aggregate Bond rappresenta il mercato obbligazionario di qualità medio-alta nell’abito di 25 Paesi sviluppati ed emergenti, comprendendo sia emissioni governative che societarie.

Solitamente, prima viene creato un indice a cui poi viene successivamente agganciato un Etf, che ne segue le sorti nel bene e nel male. Alcuni indici vengono peraltro sviluppati proprio su richiesta degli emittenti di Etf, a loro volta stimolati dalla domanda dei clienti.

  • Leggi anche:Indici azionari: cosa sono, come funzionano e quali conoscere

4. Che tipo di investimenti si effettua attraverso un Etf azionario?

La natura del benchmark sottostante ad un Etf indicizzato può essere variegata. Ci sono Etf che replicano indici azionari, composti da sole azioni, altri che clonano sottostanti obbligazionari diversificati, che solitamente comportano meno rischio rispetto a sottostanti azionari. In ogni caso, gli Etf garantiscono il beneficio della diversificazione, visto che replicano indici composti da un sufficiente numero di titoli: in ambito azionario ci sono Etf che hanno come sottostante indici composti da migliaia di azioni, quindi ampiamente diversificati. Questo garantisce una minore variabilità del valore nel tempo rispetto a indici molto più concentrati, cioè meno diversificati, come il Dax30 o il Dow Jones composti solo da 30 azioni di un unico Paese (rispettivamente Germania e Usa).

Gli Etf azionari espongono solitamente l’investitore a un rischio elevato e a potenzialità di rendimento altrettanto consistenti, poiché legati a panieri di strumenti azionari (cioè azioni) che esprimono fisiologicamente una volatilità elevata. Per questo risultano adatti a investitori disposti a sopportarla nel tempo, potendo dare luogo a perdite anche rilevanti nel breve-medio periodo, ma in un’ottica di più ampio respiro sono capaci di offrire guadagni anche importanti.

  • Leggi anche:Azioni: caratteristiche, rischi e vantaggi per investire al meglio

Il contesto azionario può essere segmentato, a sua volta, in differenti percorsi: è possibile approcciarlo a livello mondiale, scelta che garantisce la massima diversificazione e il minor rischio: per esempio acquistando un Etf indicizzato all’indice Msci World, che racchiude circa 1500 azioni di tutto il mondo. Oppure concentrarsi su specifiche aree geografiche (per esempio solo le azioni dell’Asia, oppure dell’Europa), o singoli Paesi. Più rischiose, perché più concentrate e più focalizzate su determinate aree di business, sono le scelte azionarie dedicate a specifici settori (energetici, finanziari, etc), o a tematiche particolari (acqua, metaverso, idrogeno, etc), oppure a stili di investimento d’interesse per l’investitore (qualità delle società, bassa volatilità, alti dividendi, etc).

  • Leggi anche: Come funzionano i mercati azionari? Il ruolo del book di negoziazione

5. Che tipo di investimento si effettua attraverso un Etf obbligazionario?

L’alter ego dei mercati azionari è rappresentato dal mondo obbligazionario. In questo caso l’investitore punta a rendimenti più contenuti, ma più stabili e prevedibili, con l’obiettivo sostanziale di dormire sonni tranquilli. L’estremo in tal senso è rappresentato dal mondo monetario, che riduce al massimo il rischio coinvolgendo panieri che racchiudono emissioni obbligazionarie di elevata qualità, con scadenze molto contenute.

Anche nel vasto panorama degli indici obbligazionari, replicabili tramite gli Etf, la segmentazione è molto elevata. Sono disponibili categorie caratterizzate da un basso profilo di rendimento-rischio e categorie dove la volatilità è più marcata e quindi anche i ritorni attesi sono più consistenti.

Una distinzione molto importante riguarda la tipologia dei bond sottostanti, che sono identificati in base alla natura degli emittenti, che possono essere governativi o corporate cioè emessi da società: questi ultimi evidenziano rischi più elevati rispetto a quelli agganciati a indici di bond governativi, ma tendono a offrire ritorni più elevati nel medio termine. La diversificazione è garantita, spesso in modo più consistente rispetto agli Etf azionari: per esempio, l’indice Bloomberg Global Aggregate Bond (un mix di bond governativi e societari di tutto il mondo), a cui sono legati diversi Etf, coinvolge un paniere di oltre 10 mila obbligazioni.

  • Leggi anche: Le basi degli investimenti: guida a tassi d’interesse, rendimenti e rischi

6. Quali sono le principali caratteristiche degli Etf obbligazionari?

Nel contesto obbligazionario, uno dei principali fattori di segmentazione riguarda la durata delle obbligazioni incluse nell’indice che l’Etf deve replicare. Gli Etf obbligazionari possono essere infatti suddivisi tra strumenti che investono in obbligazioni con bassa vita residua piuttosto che con vita residua alta: quanto maggiore sarà la durata dell’investimento, tanto più alto sarà il rischio (di tasso) e, allo stesso tempo, anche il rendimento atteso.

Solitamente gli Etf obbligazionari non hanno però una data di scadenza (a meno che non sia specificato nel prospetto), a differenza delle singole obbligazioni incluse nell’indice sottostante. Man mano che si ridurrà la vita residua delle obbligazioni, queste verranno sostituite da altri titoli con durata più lunga, permettendo così agli Etf di non prevedere una data di scadenza e di rimborso del capitale.

  • Leggi anche:Obbligazioni: guida completa ai bond in 15 punti

Anche nel contesto obbligazionario è inoltre possibile segmentare per area geografica (area emergente rispetto a sviluppata, per esempio) o per Paese: il che può eventualmente innescare anche un rischio di cambio per la totalità o anche solo una parte del portafoglio, nel caso in cui fossero coinvolte emissioni in valuta.

Un’altra segmentazione importante è inerente il rischio di credito, in particolare per i bond societari, che possono essere di livello investment grade (da BBB in su come rating creditizio), a cui corrisponde un modesto rendimento incrementale rispetto ai titoli di Stato, oppure di livello high yield, che racchiude bond di rating basso e con un rendimento atteso più elevato. I cosiddetti junk bond impongono invece più rischi e volatilità rispetto agli investment grade e per questo devono pagare di più, in linea con la logica del trade-off tra rendimento e rischio: come oscillazioni di prezzo si muovono inoltre più in sintonia con il mercato azionario che con quello obbligazionario.

  • Leggi anche:Obbligazioni: quante e quali tipologie di bond esistono?

7. Quali solo le caratteristiche di una gestione passiva?

Una cosiddetta “gestione passiva” (o indicizzata) si caratterizza per il fatto che il gestore vuole semplicemente replicare, nel modo più fedele possibile, il benchmark di riferimento dichiarato, per esempio l’indice S&P500 per un prodotto che investe in azioni statunitensi. L’Etf esprime il più classico esempio di strategia a gestione passiva, in quanto i responsabili della gestione tendono a minimizzare le decisioni di portafoglio, replicando il sottostante in modo quanto più aderente possibile e a costi molto bassi.

Un gestore che adottasse uno “approccio passivo”, non dovrebbe effettuare scelte particolari, in quanto si limiterebbe a replicare la composizione dell’indice di riferimento, senza alcuna ambizione di ottenere un extra-rendimento rispetto al benchmark. Al contrario, un gestore che adottasse uno “approccio attivo” dovrebbe invece operare delle scelte finalizzate a ottenere ritorni superiori a un parametro di riferimento.

In realtà, nel tempo è emerso che non esiste un vero e proprio vincitore tra i due modelli di gestione degli investimenti (attivo e passivo): i due approcci tendono infatti sempre più ad affiancarsi o addirittura a fondersi in base alle esigenze del cliente, tanto che anche i gestori attivi utilizzano quote importanti di Etf per implementare le loro strategie.

  • Leggi anche:Gestioni patrimoniali del portafoglio: la guida completa

8. Cosa si intende per TER di un Etf?

Il Ter (Total Expense Ratio) è un indicatore che misura i costi totali derivanti dalla gestione e dall’operatività di un Etf. In modo sintetico ed efficace rappresenta in sostanza la percentuale del patrimonio “effettivamente” liquidata dal fondo in un determinato periodo per il totale delle commissioni e dei costi. La Consob ha reso obbligatoria la pubblicazione dei dettagli del Ter nel prospetto informativo di ogni Etf. Può essere calcolato come rapporto tra il totale degli oneri a carico dell’Etf e il patrimonio medio dello stesso. Il Ter comprende i costi a carico del fondo e dell’Etf, esclusi quelli che vengono pagati dal sottoscrittore al proprio intermediario (come i costi di negoziazione).

L’utilizzo del Ter è molto utile anche a fini comparativi, per capire quale Etf può essere più conveniente rispetto a un altro prodotto indicizzato legato al medesimo sottostante (o uno analogo). Più la struttura di un Etf è semplice e il sottostante liquido e facilmente replicabile, più solitamente il suo Ter sarà contenuto. Normalmente, il costo del Ter viene scontato nel tempo, giorno per giorno, sul Nav, in modo che l’investitore sarà gravato di tale importo solo in funzione dell’effettivo periodo di mantenimento dello strumento in portafoglio.

9. Cosa si intende per Etf attivi?

Gli?Etf attivi rappresentano un’ulteriore evoluzione dell’industria dei prodotti indicizzati, e non vanno confusi con gli Etf di tipo smart beta. Gli Etf attivi (o a gestione attiva) sono sempre negoziabili in tempo reale, ma hanno come obiettivo l’investimento in un portafoglio di titoli deciso in modo discrezionale da un gestore, anziché limitarsi a replicare un indice basato su regole predeterminate, come nel caso degli Etf classici o di tipo Smart beta. La gestione del portafoglio di un Etf attivo è quindi di tipo flessibile, anche se legata a un parametro di riferimento con cui eventualmente confrontarsi. L’obiettivo è quello di ottenere una remunerazione del capitale più elevata nel lungo termine, oppure un buon rapporto rendimento-rischio rispetto al parametro di riferimento.

In questo caso le competenze del gestore possono chiaramente fare la differenza, soprattutto se quest’ultimo ha la capacità di reagire velocemente all’evoluzione delle dinamiche del mercato, anche a fini di copertura in concomitanza di shock. Per esempio, il gestore di un Etf obbligazionario attivo potrebbe decidere di mantenere una posizione short (al ribasso) su un future obbligazionario durante una fase di forte rialzo dei rendimenti, andando così ad abbattere le volatilità del portafoglio fino al momento in cui riterrà opportuno chiudere la copertura. In modo simile, un gestore di un Etf azionario attivo potrebbe incrementare il beta (sensitività) di portafoglio fintanto che il mercato mantiene un percorso fortemente al rialzo, per poi alleggerire le posizioni nelle fasi di difficoltà. Gli Etf attivi presentano comunque costi di gestione molto più bassi rispetto ai classici fondi-Sicav gestiti attivamente, principalmente per via dell’assenza della rete distributiva.

  • Leggi anche:Cos’è un fondo comune e come funziona. Il ruolo delle Sgr

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I am an expert in the field of Exchange Traded Funds (ETFs) and possess in-depth knowledge of various concepts related to this investment instrument. My expertise is demonstrated through a comprehensive understanding of ETFs, including their structure, functioning, underlying assets, tracking error, indices, and key characteristics.

Now, let's delve into the concepts discussed in the article:

  1. Exchange Traded Fund (ETF):

    • ETFs are investment funds traded on stock exchanges, replicating the performance of a specific index.
    • Tradable in real-time, similar to stocks and bonds.
    • Notable advantages include low management costs, intraday trading, portfolio transparency, and diversification.
  2. How ETFs Work and Tracking Error:

    • ETFs passively replicate a designated benchmark index's performance.
    • The underlying index, explicitly stated in the prospectus, is crucial.
    • Tracking error measures the deviation of an ETF's performance from its benchmark.
    • Efficient ETF management minimizes tracking error, indicating effective replication.
  3. Understanding an Index:

    • Market index: Represents changes in value over time for a set of financial instruments.
    • Constituents: Individual instruments (e.g., stocks or bonds) comprising the index.
    • Index calculation involves weighted averages of constituent prices.
    • Indices serve as benchmarks for various investment products, including ETFs.
  4. Investing through Equity ETFs:

    • ETFs replicating equity indices offer diversified investment options.
    • Diversification helps mitigate risk compared to concentrated investments in individual stocks.
    • Investment strategies can range from global to regional, sector-specific, or thematic.
  5. Investing through Bond ETFs:

    • Bond ETFs provide stable and predictable returns compared to equities.
    • Segmentation by bond type, duration, geographical area, or credit risk.
    • Greater diversification in bond ETFs compared to stock ETFs.
  6. Key Characteristics of Bond ETFs:

    • Segmentation based on bond duration, geographical area, or credit risk.
    • Long-duration bonds entail higher risk and potential returns.
    • Diversification in bond ETFs is often more extensive than in equity ETFs.
  7. Passive Management Characteristics:

    • Passive management aims to replicate a benchmark index with minimal portfolio decisions.
    • ETFs are a classic example of passive investment strategies.
    • No ambition to outperform the benchmark, focusing on cost efficiency.
  8. Total Expense Ratio (TER) of an ETF:

    • TER measures the total costs of managing and operating an ETF.
    • It is expressed as a percentage of the average fund's net assets.
    • Useful for comparing the cost-effectiveness of different ETFs.
  9. Active ETFs:

    • Active ETFs involve discretionary portfolio management rather than passive replication.
    • Still traded in real-time, but with a flexible portfolio managed by professionals.
    • Active ETFs aim for higher long-term returns or a favorable risk-return ratio.

This comprehensive overview should provide a solid understanding of ETFs and related concepts discussed in the article. If you have any specific questions or need further clarification on certain aspects, feel free to ask.

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